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Corona App: non a spese della nostra privacy

A poco a poco in diversi paesi europei si fa strada l’idea di controllare la pandemia anche attraverso l’uso di app per “tracciare” gli infetti, malgrado L’Unione Europea abbia invitato i suoi stati membri a procedere coi piedi di piombo, segnalando rischi per la privacy e la sicurezza. Le autorità o le grandi aziende delle telecomunicazioni ne approfitteranno per “spiare” eccessivamente i cittadini? Anche in Svizzera la Confederazione ha annunciato che ricorrerà a questi metodi.

Un app per il “contact-tracing”: per tracciare non solo gli infetti, ma i loro contatti. È un assaggio della nuova normalità da COVID-19. Per cercare di gestire i contagi ed evitare aumenti troppo repentini dei pazienti ricoverati negli ospedali, sarà necessario identificare e isolare rapidamente i contagiati e tutte le persone entrate in contatto con loro. Per farlo, i governi, contano di appoggiarsi sulla tecnologia. I quotidiani d’oltralpe parlano con sempre maggior insistenza dell’arrivo di una o più “Corona App”. L’esempio di alcuni paesi asiatici come la Corea del Sud lo dimostra: questi metodi possono essere molto efficaci.

Del resto l’app Corona 100M, utilizzata in Corea, permette ai suoi utenti di vedere se dove si trovano è presente un infetto (a 100 metri o meno da loro), e anche di sapere quando questa persona si è ammalata. Inoltre quando una persona risulta positiva al test, il comune di appartenenza fornisce ai suoi vicini di casa informazioni sugli spostamenti del contagiato, oltre al suo sesso e alla sua età. Permettendo, de facto, di identificare la persona che si è ammalata. Molti esperti hanno messo in guardia contro il rischio di creare uno stigma sociale ai danni di chi si ammala, con il rischio che le persone finiscano con il nascondere il proprio stato di salute per cercare di non essere sottoposte a test e venire in seguito stigmatizzate.

Si tratta di strumenti molto potenti, da maneggiare con cautela: le implicazioni sono molteplici. Motivo per cui grande attenzione deve essere data alla maniera in cui verranno gestiti i dati raccolti e chi vi avrà accesso. Sarà necessaria trasparenza sull’uso di questi metodi. Le associazioni di difesa dei consumatori vigileranno affinché non ci si spinga troppo in là con queste misure di controllo della popolazione.

Perché come ha già spiegato l’Incaricato federale per la protezione dei dati, anche in tempo di crisi, bisogna mantenere uno spirito critico.