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Ai minatori di Porco servono multinazionali più responsabili

Una nuova inchiesta di Public Eye porta alla luce la cruda realtà della miniera di Porco, in Bolivia, dove delle cooperative collegate alla multinazionale svizzera Glencore estraggono zinco, piombo e argento, fra incidenti mortali, minatori che finiscono paralizzati o hanno danni di salute permanenti, lavoro minorile e inquinamento delle acque.

“Irresponsabilità organizzata”
Secondo l’autore dell’inchiesta, si tratta di “irresponsabilità organizzata“. Altroché multinazionali responsabili, verrebbe da dire. Già perché nella miniera di Porco, in Bolivia, attualmente sfruttata dalla Sociedad Minera Illapa S.A. (una succursale detenuta al 100% da Glencore), il rispetto dei lavoratori e dell’ambiente non pare essere di casa. Sono circa 4500 i minatori impiegati da due cooperative legate alla Sociedad Minera Illapa S.A., che da diversi anni stanno “raccattando gli avanzi” della miniera. Infatti la miniera non è più sufficientemente interessante da spingere la succursale di Glencore ad utilizzare i metodi di estrazione meccanizzati con l’aiuto di potenti macchinari. Ecco quindi che il lavoro viene oggi svolto quasi “a mano”, con utensili rudimentali in condizioni estremamente pericolose. Con un equipaggiamento protettivo spesso di fortuna, i minatori, che non hanno coperture in caso di malattia o incidente, lavorano in stretti cunicoli pericolanti, riuscendo a tirare sera grazie all’aiuto di qualche foglia di coca: ognuno ne ha sempre un sacchetto con se. Quando un minatore si infortuna, le cooperative coprono solo le cure più immediate. In caso di suicidio, la famiglia riceve 3000 dollari.

Continui infortuni, decessi e lavoro minorile
Reyna Paucara Canaza, una dottoressa dell’ospedale di Porco, ha raccontato a Public Eye che cura ogni giorno minatori vittime di infortuni medio/gravi. Spesso si tratta di traumi cranici o lesioni alla schiena provocate da crolli di blocchi di pietra o da cadute. I morti sono circa 2 al mese. La dottoressa ricorda tuttavia un periodo del 2017 in cui l’attività nella miniera era cresciuta in seguito all’aumento del prezzo dei minerali: in quel caso c’era un morto a settimana. Fra i suoi pazienti, spesso ci sono dei minorenni. Ragazzi di 15-16 anni, in grado di muoversi più agilmente nei cunicoli. Il più giovane lavoratore che ha dovuto curare aveva 11 anni. Lavoro minorile sul quale Glencore, Illapa e le cooperative chiudono un occhio. Public Eye ha anche incontrato un ex minatore, rimasto paralizzato dopo una caduta di 45 metri in miniera all’età di 17 anni. Attualmente ne ha 28 e si trova in difficoltà economiche (non aveva una copertura assicurativa), bloccato su una vetusta sedia a rotelle di seconda mano mentre sua moglie si prende cura di lui e della loro figlia.

Acque inquinate
Lo sfruttamento della miniera ha effetti devastanti anche sull’ambiente. Le acque della zona sono in pessime condizioni, come hanno raccontato delle contadine a Public Eye: lo stesso fiume che un tempo era la loro principale fonte di acqua potabile, oggi non lo è più. Quando i loro lama o le capre bevono l’acqua del fiume, spesso muoiono. Anche il latte prodotto dagli animali non è più commestibile e i raccolti producono circa la metà di quello che producevano in precedenza. Effettivamente, la concentrazione di metalli nelle acque circostanti la zona della miniera supera di gran lunga i limiti legali: di sei volte nel caso dello zinco, di 28 volte nel caso del ferro, e di 50 volte nel caso del manganese.

Maggiori dettagli nell’inchiesta du Public Eye, che dimostra l’importanza dell’Iniziativa per multinazionali responsabili.