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Svizzera e UE continuano ad esportare pesticidi proibiti

Un’ampia inchiesta di Public Eye e Unearthed rivela come diversi prodotti pericolosi, proibiti in Svizzera e nell’UE, continuano ad essere esportati in dosi massicce verso altri paesi. Fra questi anche molti paesi che hanno mezzi decisamente inferiori di Svizzera e UE per arginare i danni di queste sostanze alla salute dei lavoratori e all’ambiente, come Brasile, Messico, Cile, Marocco e Ucraina. Il numero uno di questo commercio è l’azienda svizzera Syngenta.

Troppo pericolosi per essere impiegati su suolo svizzero ed europeo, ma non per essere venduti ad altri paesi. Il problema era già stato sollevato alcuni mesi fa da Public Eye, che è tornato sull’argomento insieme ad Unearthed, la cellula investigativa della sezione britannica di Greenpeace. Dall’inchiesta emerge un ampio commercio, con oltre 81’000 tonnellate di pesticidi proibiti esportati nel 2018 dal suolo europeo verso Stati Uniti, Giappone e vari paesi del terzo mondo, dove le regolamentazioni sono più permissive. La multinazionale con sede in Svizzera Syngenta è il principale esportatore, attraverso una rete di siti di produzione in vari paesi europei, oltre che dalla Svizzera.

Fra i prodotti esportati anche il paraquat, proibito in Svizzera dal 1989, nell’UE dal 2007, a causa degli elevati rischi di avvelenamento. Sono in totale 41 i pesticidi proibiti che sono stati esportati nel 2018. Molti sono mortali in caso di inalazione, altri possono causare malformazioni, problemi all’apparato riproduttivo, problemi ormonali o tumori. Queste sostanze possono inoltre contaminare le reti idriche di acqua potabile. Il paraquat rappresenta un terzo delle esportazioni ed è utilizzato perlopiù in monocolture di mais, soia e cotone. È bandito in oltre 50 paesi.

Ogni anno oltre 200’000 persone muoiono nei paesi in via di sviluppo in seguito ad intossicazioni dovute a pesticidi secondo l’ONU. Proprio in concomitanza con il lancio della strategia “Farm to fork” per un’alimentazione più sostenibile, l’Europa si dimostra ipocrita permettendo questo commercio secondo gli autori dell’inchiesta. L’ironia della sorte, è che i residui di queste sostanze proibite possono finire col ritrovarsi nei piatti dei consumatori europei e svizzeri, in quello che viene definito un “circolo vizioso dei veleni”.

Insomma, pare proprio che sia necessario sostenere con convinzione ancor maggiore l’Iniziativa per multinazionali responsabili.

Maggiori dettagli sul sito di Public Eye.