Sono serviti dieci anni di lavoro per sviluppare le basi giuridiche dell’azione collettiva. L’11 dicembre si vedrà se il Consiglio nazionale avrà il coraggio di contrastare la decisione della sua Commissione degli affari giuridici, che non è mai voluta entrare nel merito del progetto. Il Consiglio nazionale deciderà mercoledì se dare una possibilità alla modifica del Codice di procedura civile garantendo finalmente l’accesso alla giustizia per tutti.
Lo scandalo dei motori truccati della VW riflette chiaramente la realtà: i 175’000 consumatori svizzeri toccati non hanno ricevuto nulla, mentre in molti altri Paesi, le vittime sono state risarcite. Eppure la situazione era chiara: il gruppo VW ha ingannato i suoi clienti ed è stato condannato penalmente.
È solo un esempio che dimostra quanto la Svizzera abbia bisogno di colmare una grave lacuna del suo sistema giudiziario, introducendo la possibilità di intentare cause collettive.
La protezione legale svizzera è lacunosa
“Se una persona subisce un danno in Svizzera, ha le mani legate. Può far valere i propri diritti solo se dispone di ingenti risorse finanziarie. Inoltre, se il danno riguarda molte persone, ogni singolo individuo deve rivolgersi a un tribunale. Questo non solo appesantisce i tribunali, ma è anche irragionevole per i singoli”, afferma Antonella Crüzer, segretaria generale dell’ACSI.
Già nel 2013, il Consiglio federale aveva stabilito in un rapporto che la legge svizzera presentava una grave lacuna legale nel caso di danni di massa e sparsi. Di conseguenza, il Parlamento aveva approvato la mozione per autorizzare le azioni collettive. Da allora, il legislatore ha utilizzato astruse tattiche dilatorie per impedire l’introduzione di un’efficace tutela legale collettiva. Il mese scorso, dopo una votazione serrata, la Commissione degli affari giuridici del Consiglio nazionale ha raccomandato di respingere il progetto di modifica del Codice di procedura civile. Il Consiglio nazionale vuole quindi che non se ne discuta nemmeno, ma che si respinga semplicemente l’emendamento di legge.
Il Consiglio nazionale nega i diritti costituzionali?
Gli argomenti sollevati contro l’azione collettiva sono sempre stati gli stessi: il pericolo di class action all’americana e la minaccia di una marea di cause. Ma si tratta di paure infondate: “In Svizzera la parte soccombente non solo dovrebbe pagare le proprie spese legali, ma anche le spese processuali e il risarcimento delle parti. Inoltre, non sono previsti danni punitivi. Le associazioni di categoria non ricorrerebbero certo con leggerezza, ma solo in casi gravi”, sottolinea Antonella Crüzer.
Anni di esperienza nei Paesi europei dimostrano che questi rimedi legali non sono un problema per le aziende affidabili. Al contrario: lo strumento giuridico del ricorso collettivo sostiene in ultima analisi le aziende che operano correttamente e nel rispetto della legge. Inoltre, molte PMI si trovano in una posizione simile a quella dei consumatori. In caso di eventi dannosi (ad esempio, guasti alle infrastrutture di telecomunicazione, consegna di materiale di produzione difettoso), potrebbero finalmente far valere i loro diritti con un’azione collettiva efficace.