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Obsolescenza programmata: il Consiglio federale come Ponzio Pilato

Il Consiglio federale ha recentemente pubblicato un rapporto sull’obsolescenza programmata. Il governo prende atto che il problema esiste, ma non propone misure concrete perché è quasi sempre troppo complicato dimostrare che la durata di vita di un prodotto sia stata ridotta intenzionalmente. L’ACSI disapprova questo immobilismo. 

La scelta di un’azienda produttrice di ridurre intenzionalmente la durata di vita di un proprio prodotto è definita obsolescenza programmata. È un fenomeno da tempo condannato dalle associazioni di difesa dei consumatori. Fra gli esempi più conosciuti quelli delle stampanti, ancora in grado di stampare ma che si bloccavano dopo un certo numero di stampe, o ancora i vari aggiornamenti degli apparecchi digitali che li rendevano obsoleti (è successo anche con gli smartphone).

Negli ultimi anni, questo fenomeno è diventato sempre più difficile da smascherare: sia perché può darsi che alcune aziende siano diventate più virtuose, sia perché altre sono diventate più attente a non rendere così ovvio il meccanismo (del tipo: la stampante che si blocca raggiunto un certo numero di stampe).

È deludente che il Consiglio federale, di fronte alla difficoltà nel dimostrare che la durata di vita di un prodotto sia stata limitata in maniera intenzionale, decida sostanzialmente di non prendere provvedimenti concreti. E questo seppur il governo stesso sottolinei come a bloccare molti consumatori dal denunciare queste pratiche siano semplicemente gli ingenti costi giuridici e i rischi associati ad una causa in un paese nel quale, di fatto, l’azione collettiva non esiste.

I nostri colleghi della Konsumentenschutz hanno proposto vari strumenti concreti che sarebbero già attuabili fin da subito per combattere queste pratiche.

L’ACSI coglie l’occasione per ribadire l’importanza del portare avanti i principi del diritto alla riparazione in Svizzera, sulla falsariga di quanto già fatto in diversi paesi europei. In tal proposito, oltre ai requisiti di progettazione che spingono a produrre oggetti più facilmente riparabili, occorre garantire servizi di riparazione a prezzi accessibili e la disponibilità dei pezzi di ricambio. L’ACSI continua anche a sostenere l’introduzione di un’etichetta che valuti la riparabilità dei prodotti, come già avvenuto alcuni anni or sono in Francia. Infine, il diritto di garanzia in Svizzera è obsoleto e va rivisto: particolarmente efficace nel promuovere comportamenti virtuosi fra i produttori sarebbe l’aumento della garanzia legale da 2 a 5 anni. A quel punto, sarebbe nell’interesse delle aziende produttrici che i prodotti “sopravvivano” almeno 5 anni, con un vantaggio sia per l’ambiente che per il portafoglio.