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Shrinkflation: segnalaci ciò che vedi!

istockphoto: stessa confezione, stesso prezzo...ma contenuto minore

Nell’ultimo numero della Bds abbiamo dedicato la rubrica “In fin dei conti” al tema della shrinkflation. Ovvero quell’inflazione…più subdola, per così dire. Il termine deriva dall’unione del verbo “to shrink” (restringere, ridurre, ridimensionare) con la parola…inflation, ovviamente. Si tratta di ridurre i quantitativi dei prodotti, o eliminare del tutto una parte del contenuto…senza però ridurre il prezzo. Ti è già capitato di vedere casi di questo tipo? Segnalaceli scrivendo a bds@acsi.ch. 

Nello specifico, la shrinkflation può assumere almeno tre forme principali:

  • L’imballaggio di un prodotto viene modificato al fine di ridurre la quantità del contenuto. Il prezzo però, rimane identico. Quindi, in pratica, l’operazione equivale ad un aumento di prezzo.
  • Non solo il prezzo rimane identico, ma anche l’imballaggio. Tuttavia, è il contenuto a cambiare: riducendosi di quantità, o magari, soprattutto per alcuni prodotti alimentari, divenendo più “diluito” (esempio: uno yogurt alla frutta con meno frutta).
  • Il prezzo rimane identico, ma il contenuto cambia: non solo come quantità. Per esempio, un ingrediente o una parte del prodotto viene eliminato del tutto, oppure deve essere acquistato a parte.

La shrinkflation non si limita ai prodotti alimentari. Viene praticata anche con i prodotti di igiene o pulizia, ma può effettivamente riguardare beni di consumo di qualsiasi categoria.

La creatività nelle giustificazioni
Le aziende ricorrono spesso a giustificazioni creative per queste operazioni. Per esempio, la riduzione di dimensioni (e di contenuto) di una bottiglia di Gatorade può essere descritta come un metodo per rendere la bottiglia più ergonomica, a vantaggio di chi deve usarla mentre sta praticando uno sport. La riduzione del quantitativo di Toblerone presente in una barretta, invece, può essere presentata in chiave salutista: in questo modo, il consumatore ingurgita meno zucchero e l’azienda si sta quindi impegnando a combattere l’obesità. O ancora, c’è chi difende la riduzione delle dimensioni di un prodotto con il fatto che un prodotto più piccolo abbia un’impronta ecologica minore. Insomma, la creatività degli addetti al marketing è infinita. Di fatto, si tratta di puri e semplici aumenti di prezzo.

Perché funziona meglio degli aumenti di prezzo diretti e trasparenti?
Quando un’azienda aumenta il prezzo dei suoi prodotti, deve quasi sempre fare i conti con un contraccolpo. Una parte dei suoi clienti opterà per rinunciare al prodotto in questione, per acquistarne una quantità minore, o ancora passerà alla concorrenza. Questo è dovuto al fatto che la maggioranza dei consumatori è molto fissata sul prezzo e appena lo vede cambiare, reagisce. Tuttavia focalizzarsi troppo sul prezzo rischia di rendere miopi: infatti, è solo un lato dell’equazione. L’altro lato, ben più importante, è: cosa ottengo con quel prezzo? E non si tratta solo di quantità, ma anche di qualità.

Suggerimenti per difendersi
I suggerimenti sono sostanzialmente tre. I primo è di cercare di guardare sempre i prezzi indicizzati: al litro, al kg e così via. E non alla confezione. In questo modo, la shrinkflation sulla quantità viene beccata subito. Il secondo è di puntare laddove possibile sullo sfuso, sostanzialmente per il medesimo motivo. Il terzo è quello di non essere troppo prigionieri dei grandi marchi, che sono quelli più cari e più propensi ad adottare queste pratiche. Come abbiamo dimostrato nella Bds 4.2022 le derrate a basso costo non sono necessariamente di bassa qualità. Ha senso prendere quindi quantomeno in considerazione delle alternative meno famose, che potrebbero non avere nulla da invidiare ai grandi marchi.

Segnalaci casi di shrinkflation!
Hai già avuto occasione di vedere casi di shrinkflation? Scrivici a bds@acsi.ch, allegando eventuali foto. Idealmente servirebbe una prova sia dell’imballaggio precedente che di quello attuale.