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Dichiarazione di Milano: troppo poco, e troppo lentamente

Ieri il Dipartimento federale dell’interno (e in particolare l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria USAV) ha annunciato un “estensione significativa” della Dichiarazione di Milano. Si tratta di un impegno volontario preso nel 2015 da alcune aziende di ridurre il contenuto di zucchero in alcuni tipi di prodotti. Da ieri, il numero di aziende aderenti si è allargato. Tuttavia, a ben 8 anni dalla firma della Dichiarazione, la riduzione del contenuto di zucchero è minima e difficilmente può fare una differenza significativa nella salute della popolazione.

In Svizzera consumiamo circa 100 grammi di zucchero al giorno (25 zollette!). L’OMS ne raccomanda un massimo di 50 grammi. Quasi tutti gli alimenti e le bibite che consumiamo ne contengono, anche quando non lo immaginiamo. Questo ha portato fra l’altro ad un abituarsi alla presenza di questa sostanza. Obesità, disturbi cardiovascolari e diabete sono fra le cause di morte principali nella popolazione svizzera, e lo zucchero ne è concausa.

Oltre che nei prodotti dove la sua presenza è più ovvia, come i dolciumi o le bevande zuccherate (circa il 38% degli zuccheri aggiunti nella nostra alimentazione proviene dalle bevande), lo zucchero si trova anche in molti altri prodotti lavorati. Basti pensare che le patatine salate (chips), contengono circa un 5% di zucchero. Questa onnipresenza dello zucchero è particolarmente dannosa per i bambini, il cui corpo di dimensioni ridotte dovrebbe assumerne una quantità decisamente minore.

La Presidente ACSI Evelyne Battaglia-Richi è intervenuta ieri a Ticinonews (minuto 04.30), ricordando come malgrado sia positivo che si voglia fare qualcosa, si tratta per ora di una riduzione insufficiente per avere un effetto incisivo. È inoltre necessaria una maggior trasparenza sulla presenza di zucchero sulle etichette dei prodotti. L’utilizzo del Nutri-Score potrebbe facilitare la vita dei consumatori in tal senso.